Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet mette in guardia la popolazione sui rischi connessi.

Ormai è risaputo, purtroppo la Terra non gode più di un’atmosfera salubre: se tra i requisiti per selezionare un pianeta adatto all’abitare fosse inclusa anche la condizione dell’aria, è probabile che il nostro globo non rientrerebbe più come un ambiente adatto alla vita. La mappa World Air Quality Index (AQI) a livello mondiale parla chiaro: in almeno 66 paesi del mondo i livelli di agenti inquinanti superano le soglie previste dai parametri standard.

In Italia, sempre secondo l’AQI, attualmente la qualità dell’aria viene valutata come moderata, il che significa che “è accettabile, tuttavia, alcuni inquinanti possono rappresentare un moderato rischio per la salute di un numero molto limitato di persone che sono particolarmente sensibili all’inquinamento atmosferico. I bambini, gli adulti attivi e le persone con malattie respiratorie come l’asma dovrebbero limitare l’esposizione prolungata all’aperto”.

In passato anche l’Italia ha superato il livello moderato e si è trovata in situazioni insalubri per numerose persone. È importante sapere che l’AQI ha classificato il nostro paese in zone colorate ben prima che iniziassimo a farlo per il diffondersi delle epidemie, sebbene il problema non sia ancora ampiamente percepito. In diverse parti del mondo le mascherine non sono necessarie solo per proteggersi dai virus ma anche per evitare l’inalazione di particelle sottili come il PM 10 e il PM 2.5

Se ci spostassimo in paesi come la Cina, la Thailandia e l’India, ad esempio, noteremmo che la mappa si tinge di rosso, viola e marrone, corrispondenti ai livelli di “Non Salutare”, “Molto Non Salutare” e “Pericoloso”. Nei casi citati tutti potrebbero sperimentare effetti sulla salute e dovrebbero limitare l’esposizione all’aperto. L’ultimo livello, il marrone, è il peggiore: tutti dovrebbero evitare completamente l’esposizione all’aria esterna. In poche parole le persone sarebbero costrette a vivere un nuovo tipo di lockdown periodico, stavolta per motivi atmosferici.

Smog ed effetti sulle persone

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Planetary Health ha evidenziato le gravi condizioni della qualità dell’aria nelle aree in cui risiede la maggior parte della popolazione. Vaste regioni del mondo superano i livelli medi di esposizione al PM 2.5 e come precedentemente menzionato, queste particelle di particolato, con un diametro inferiore a 2,5 micron, sono considerate le principali responsabili delle morti legate all’inquinamento. Gli effetti sulla salute causati dall’inquinamento atmosferico continuano ad aumentare in modo preoccupante. Le cause di tale fenomeno sono molteplici e includono lo smog derivante dal traffico veicolare, le emissioni prodotte dai voli aerei, le caratteristiche orografiche del territorio e l’utilizzo di impianti di riscaldamento o raffreddamento.

Attualmente esiste una limitata disponibilità di studi che offrano dettagliate informazioni sulle variazioni spazio-temporali delle concentrazioni giornaliere di PM 2.5 a livello globale nel corso degli ultimi decenni. Inoltre, non tutti i paesi del mondo dispongono di stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria per valutare i rischi per la salute. Pertanto, lo studio in questione risulta prezioso nel cercare di comprendere, anche nelle aree prive di stazioni di monitoraggio, quali rischi si corrono al fine di poter prendere decisioni informate.

I ricercatori hanno utilizzato l’apprendimento automatico, ovvero il machine learning, per stimare le concentrazioni giornaliere di PM2.5 a livello globale dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2019. I risultati hanno rivelato che solo lo 0,001% della popolazione mondiale è esposto a livelli di inquinamento da PM 2,5 che rientrano nei limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il direttore del team di ricerca, Yuming Guo, ha espresso gratitudine per il lavoro svolto da lven Yu, un analista di dati specializzato nella salute ambientale presso la Monash University di Melbourne, Australia. Successivamente, ha condiviso e spiegato alcuni dei risultati della ricerca attraverso i suoi canali social.


Qualche numero

L’OMS ha recentemente aggiornato le sue linee guida sulla qualità dell’aria, denominate “WHO global air quality guidelines” (AQGs), per parametri come PM2,5, PM10, NO2, O3, SO2 e CO, con l’obiettivo di preservare la salute delle popolazioni, il team di ricerca ha osservato i seguenti risultati: nonostante una leggera diminuzione dei giorni con alta esposizione a PM2,5 a livello globale, nel 2019 oltre il 70% dei giorni presentava ancora livelli di PM2,5 superiori a 15 μg/m3. Nel 2019, Australia e Nuova Zelanda hanno registrato un significativo aumento del numero di giorni con concentrazioni elevate di PM2,5.

Nelle regioni dell’Asia meridionale e orientale, oltre il 90% dei giorni ha mostrato concentrazioni giornaliere di PM2,5 superiori a 15 μg/m3. La media annuale globale di PM2,5 nel periodo 2000-2019 è stata di 32,8 µg/m3. Le concentrazioni più elevate di PM2,5 sono state riscontrate nelle regioni dell’Asia orientale e meridionale, seguite dall’Africa settentrionale. Australia, Nuova Zelanda, altre regioni dell’Oceania e dell’America meridionale hanno presentato le concentrazioni annuali di PM2,5 più basse. In base ai nuovi limiti delle linee guida dell’OMS del 2021, solo lo 0,18% della superficie terrestre globale e lo 0,001% della popolazione mondiale sono stati esposti a un livello annuale inferiore a questo limite (media annuale di 5 μg/m3) nel 2019.

 

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